giovedì 14 dicembre 2017

Un libro per cominciare: la pubblicazione da approdo a start up

Un tè con i fotografi / Editoria fotografica indipendente.
Incontro con Stefano Vigni / Seiprsei
Le Murate Caffè Letterario - 3 Dicembre 2017
Foto di Gianna Bartolozzi.

La diffusione, anche in Italia, del selfpublish, del crowdfunding e delle piccole case editirci fotografiche indipendenti, interpreta e diffonde un cambiamento sostanziale nella fotografia contemporanea che ricalca, come da mia vecchia tesi, quanto accaduto precedentemente in ambito musicale (dove la rivoluzione digitale è arrivata con circa un ventennio di anticipo modificando le pratiche e il mercato). Ovvero la pubblicazione di un libro fotografico da punto di arrivo di un percorso lavorativo a start up e operazione di autopromozione per intraprendere una carriera.

Ne abbiamo parlato diffusamente con Stefano Vigni, editore di Seipersei, a Firenze al Caffè Letterario delle Murate durante l'ultimo incontro di Un tè con i fotografi  Editoria fotografica indipendente che si è svolto Domenica 3 Dicembre 2017 alle ore 17. Stefano che è stato uno dei primi in Italia a credere e a investire in questo nuovo emergente mercato mi ha aiutato a confermare e ad approfondire alcune idee che da osservatore esterno più o meno mi ero fatto. Se prima insomma il libro fotografico era un punto di arrivo di un percorso fatto di committenze, pubblicazioni su riviste, mostre, che consacrava la carriera di un fotografo, adesso è sempre più lo strumento e la carta da visita alla portata anche di autori emergenti e fotografi soprattutto giovani (anche non professionisti o aspiranti a diventarlo) per presentarsi al pubblico e agli addetti ai lavori (photoeditor, galleristi, curatori) e in questo modo (ovviamente se il lavoro è valido è ottiene riscontri positivi) ottenere pubblicazioni, committenze, mostre, inviti ai festival e così via. Per usare un linguaggio freddo e un po' da economista si tratta insomma anche, ma non solo, di uno strumento ormai quasi indispensabile di marketing che risulta molto più efficace (grazie anche al maggiore investimento emotivo ed economico richiesto) del tradizionale portfolio, sito web o blog, oltre ovviamente ad essere un momento fondamentale della propria crescita autoriale.

E' nato quindi un nuovo mercato, ancora un po' di nicchia e autoreferenziale (chi compra questi libri sostanzialmente è un potenziale autore e viceversa) ma credo di sicura espansione, collegato a un nuovo tipo di catena distributiva e di vendita on line e nelle sezioni dedicate sempre più ampie e frequentate legate ai Festival di fotografia, che ha visto nascere professionalità in grado di filtrare qualitativamente la domanda, di per se già ampiamente moderata da ragioni economiche. Raramente infatti queste nuove case editrici sono in grado o possono assumersi il rischio di investire su questi nuovi autori, pertanto il costo del libro (che oltre alle spese di stampa tipografica o digitale, prevede il servizio editoriale di curatela e impaginazione grafica e sostegno nella campagna promozionale) deve essere finanziato o direttamente di tasca dall'autore (nella speranza che le vendite coprano totalmente o almeno in parte le spese sostenute) o tramite la ricerca di sponsor o campagne di crowdfunding. Si tratta di cifre variabili a seconda del tipo di stampa (digitale o tipografica), di numero di copie e di carta/e utilizzate. ma sempre intorno a diverse migliaia di euro. Chiudere il bilancio in pareggio per un fotografo, può considerarsi un grande successo economico, visto il ritorno di immagine e le prospettive lavorative che la pubblicazione può offrire per la propria carriera artistica o professionale.

Ovvio che la disponibilità economica non basta per diventare gli autori di un libro, ma ovviamente può facilitare le cose. Gli editori seri di questa nuova realtà sono infatti molto attenti alla qualità della ricerche fotografiche da pubblicare e hanno delle linee editoriali molto ben curate e caratterizzate e non sono disponibili a pubblicare lavori che non rispettano i loro standard qualitativi. Fanno di fatto un grande lavoro culturale dando opportunità e visibilità a tanti giovani o nuovi interessanti autori che molto difficilmente potrebbero accedere alle grandi case editrici e alla grande distribuzione, e andrebbero certamente aiutate e sostenute.

mercoledì 19 luglio 2017

Come il mondo appare: ovvero l'insostenibile superficialità della fotografia


Sandro Bini, dalla Serie "Margini e relitti"

Sono poco incline alle riflessioni ontologiche e forse anche poco popolare ma con gli anni "mi sono fatto persuaso" che la fotografia riguardi l'apparire e non dell'essere delle cose, si occupi del visibile e non dell'invisibile, descriva la superficie e non la profondità, riveli l'istante e non l'eterno. Nella sua innegabile vocazione "mondana" (che riguarda il mondo, l'esterno) e la sua ineluttabile istantaneità e superficialità a due dimensioni, di ritaglio spazio-temporale muto e immobile, di "specchio dotato di memoria", è possibile solo navigarne la superficie, restare a galleggiare per cercare di indovinare il nostro essere, alimentare i nostri miraggi, scoprire la nostra profondità, indagare il nostro desiderio o illusione di eternità. Ma per far questo si può solo navigare in superficie rimanendo saldamente a galla: ciò che serve è uno scanner non una sonda. Pensare invece che la fotografia riguardi l’essere, l’invisibile, la profondità, l’eterno significa sbagliare prospettiva, fraintendere la natura per un possibile effetto, sbagliare l’entrata per l’uscita, perdersi in uno sterile labirinto metafisico. Qui è ora (hic et nunc come dicevano i latini) è la sua dimensione "umana troppo umana", la sua e la nostra fragilità fatale.

lunedì 24 aprile 2017

Una, nessuna, centomila: la street photography, così è se vi pare


Sandro Bini, Florence City Centre - Fashion system is dead (2010)

Sollecitata dalla beneamata industria fotografica (leggi mercato mirrorless) imperversa da diversi anni la moda della Street photography con gli infiniti, estenuanti dibattiti sulla sua  molteplice e camaleontica identità. Una idenìtà così sfuggente e mutante da far dubitare qualcuno che essa possa davvero esistere...

Stabilito  che per il sottoscritto il genere in fotografia esiste ma non è una gabbia, quanto piuttosto un  ambito di riferimento culturale, con le sue molteplici declinazioni e sfumature, la sua storia e le sue evoluzioni, ci sono e resistono di fatto nel panorama Street di oggi schieramenti, forse veri e propri partiti e correnti: i puristi spontaneisti (con le varianti candid, indiscrezionale e relazionale), i dogmatici filosofico-fondamentalisti (che dettano regole, stili, paletti e ambiti precisi di realizzazione), e infine le avanguardie postmoderniste che contaminano "pericolosamente" (per i più ortodossi) la tradizione della fotografia di strada con la progettualità, la posa, la messa in scena, la luce artificiale, salvo accorgersi poi che Doisneau e altri già negli anni '50 se non prima avevano fatto posare i modelli e avevano messo in scena alcuni dei loro più famosi scatti di strada. Ognuno di questi schieramenti pare quasi sempre sicuro del fatto suo e le polemiche "tiramuliniste" sono inevitabili in quanto orientano il mercato dei workshop e la reputazione social dei vari gruppi e influencer del settore.

In tutto questo il vostro "Fotodidatta" che ha letto Pirandello, ovviamente non fa eccezione, ma  nel tempo ha sempre cercato di comprendere e studiare questo relativismo di opinioni e di operatività, considerando con grande interesse le politiche e gli atteggiamenti che caratterizzano il dibattito e la pratica della Street photography, cercando quindi di offrire ai propri studenti una panoramica completa e sempre inclusiva di quelli che sono i differenti orientamenti storici e contemporanei, non stabilendo gerarchie e verificando sul campo che non ci sono approcci giusti o sbagliati, ma solo operatività differenziate, che ogni fotografo è in grado autonomamente di scegliere, interpretare o addirittura inventare, a seconda della propria indole, della propria visione e della propria cultura.