Mi resta difficile immaginare come tanti giovani nati negli anni 90 possono non aver mai adoperato una pellicola, eppure penso che ormai oggi sia giusto e normale. Ancora più strano mi sembra che tanti giovani fotografi anche professionisti, magari espertissimi di “camera chiara” (photoshop & c) non siano mai entrati in una Camera Oscura. Che strana razza di fotografi saranno senza il “battesimo dell’iposolfito” e la puzza dei chimici nelle dita? Tutto ciò ovviamente non vuol essere un giudizio di valore ne tanto meno una nostalgia reazionaria. Ma solo un invito, per chi possa averne l’opportunità (ancora qualche “fanatico” come il sottoscritto è disponibile a insegnare i “segreti” della darkroom) a provare il brivido dell’immagine bianconero che emerge nella vaschetta del rivelatore. Non tanto per motivi professionali (ormai chi sviluppa e stampa da solo il bianconero appartiene a una razza che il wwf farebbe bene a proteggere) ma per motivi oserei dire filosofici e iniziatici. Fino a non molto tempo fa infatti, molto spesso, la differenza non solo tecnica fra i fotografi la faceva l’esperienza della camera oscura (come oggi del resto la fa la conoscenza dei programmi di fotoritocco) e il fatto di sviluppare e stampare i propri negativi rappresentava un discrimine di “casta” e un privilegio indiscusso. Penso insomma, per farla breve, che l’iniziazione alla Camera Oscura tradizionale possa costituire tutt’oggi un’esperienza emotiva e formativa fondamentale per un fotografo, un salutare e fondamentale ritorno alle origini della fotografia, nella sua fase chimico-alchemica, una sorta di iniziazione al mistero della luce che si fa immagine che mi sembra ancora essenziale per chi vuol fare oggi fotografia. Nei suoi approcci fotorealistici infatti la postproduzione digitale con i software di fotoritocco altro non fa che riprodurre sul monitor le tecniche della darkroom classica (in maniera assolutamente piu veloce e accurata, in piena luce e senza la puzza degli “acidi”) ma lasciatemi dire che il "battesimo dell’iposolfito" lascia un odore piu forte sia sulla pelle che nell’anima. Provare per credere! L'immagine a commento di questo post è tratta dalla mia serie "Lo Schermo dell' Ombra" (1995-1998). Stampa alla gelatina d'argento cm 30 x40. Una selezione della serie al seguente link.
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2 commenti:
Non credo di esagerare nel paragonare al bellissimo evento della nascita di un bambino il momento in cui l'immagine si fa tale sulla carta fotosensibile nella sua prima immersione in vasca. La visione del capino e l'immagine che si fa tale, e qui poco importa la qualità o la bellezza dell'immagine (come poco importa se il bimbo è bello o è brutto: ogni scarrafone è bell a mamma soja). Mi voglio soffermare all'esperienza personale, alle sensazioni che ho avuto nella mia "prima volta" nella penmbra della darkroom. Penso che un fotografo non può esismersi dal provare tale meravigliosa esperienza.
Good luck
Alb.
caro Sandro, premetto che in questo momento (davanti al pc) sulla manica della mia camicia vedo due macchioline, ormai datate, di fissaggio; io sono fermamente convinto che il confronto/conflitto tra argentico e numerico (trovo molto appropriata la traduzione dal francese) sia e debba essere solo una scelta della tecnica da adottare, come nella pittura: olio, tempera, acquerello e quant' altro. Personalmente, oggi, trovo molto interessante e gratificante l' esperienza della camera chiara, che mi porta a realizzare stampe ai pigmenti di carbone, passando attraverso una serie di operazioni che, mentalmente, non sono poi molto diverse da quelle della camera oscura: scelta della carta, del contrasto, bruciatura & mascheratura, infine uso le stesse rastrelliere che avevo costruito per le stampe baritate, per far asciugare completamente le stampe ad inchiostro.
Indubbiamente è importante, forse irrinunciabile, l' esperienza chimica, tanto è vero che spesso mi capita di parlare con giovani fotografi, sicuramente motivati, che seguendo un percorso inverso, rispetto al nostro, vogliono tentare la strada della camera oscura e poter provare l' emozione del vedersi formare l' immagine sulla carta immersa nel bagno di sviluppo.
buona luce
andrea
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