Still film da John Ford, "The man who killed Liberty Valance" (1962) |
Possiamo domandarcelo in modo più diretto. Nella definizione del fotografico conta di più il momento produttivo (come viene realizzata tecnicamente l'immagine) o conta più quello percettivo (come viene fruita l'immagine)? Se le immagini prodotte dall'AI, pur con gli attuali "difetti", sembrano infatti fotografie e vengono esperite dal pubblico come tali (anche sapendo che sono generate al computer) possiamo considerarle fotografie oppure no? Mi sembra questo infatti l'aspetto più interessante del dibattito in corso (più che quello della legittimità o meno di poter partecipare con queste nuove immagini ai Concorsi fotografici).
Altre due questioni che pongo all'attenzione si orientano poi proprio sul lato produttivo. Se è vero che questi nuovi programmi generativi di immagini si basano su data base fotografici all'origine dell'immagine generata non ci sta forse (pure nell'incredibile ricostruzione e manipolazione finale) sempre un fotografo e una qualche referenza reale? E se il prompt dei comandi è di tipo testuale, non registriamo forse un'interessante convergenza-collaborazione-rivalsa fra testo e immagine, con una rinnovata predominanza del primo sulla seconda in cui è in definitiva l'operatore a dettare con più o meno precisione (almeno in parte) le regole all'algoritmo generativo? Il fatto che per creare immagini interessanti sia necessario saper scrivere, mi sembra un elemento importante di questa nuova tecnologia.
Altre questioni etiche ed economiche riguardano poi la produzione, la gestione e il controllo dei programmi, le questioni del copywright e gli ambiti di applicazione (artistici, professionali, commerciali) di queste nuove immagini, e l'influenza e l'impatto che avranno sul lavoro, sulla cultura e sulla società. Infine, un altro portato interessante di questa nuova svolta, riguarda la diffusione di un generale maggiore scetticismo nei confronti delle immagini, che già sensibilmente aumentato con la rivoluzione digitale (le immagini non sono la realtà, ne tanto meno la verità), allo stato attuale di diffusione di pericolose strategie comunicative (post-verità, fake news) mi sembra in definitiva piuttosto salutare.