Ph Sandro Bini - Lo schermo dell'ombra (1995-1998) |
Fra i mutamenti introdotti dalla vera o falsa
che sia “rivoluzione digitale” la trasformazione del fotografo in
“schermografo”: più che un esperto di schermi uno che ci sta parecchio davanti!
Prima e soprattutto dopo lo scatto.
Qualcuno di noi, più avanti con gli anni, rimpiange forse il
bel tempo in cui il fotografo una volta finito il rullo, si presentava in
laboratorio e se ne tornava a casa o al proprio lavoro con la speranza
dell’attesa. Oppure entrava speranzoso in una camera oscura per sviluppare e
stampare il rullo. Oggi l’incubazione è
finita, la gestazione annullata, il parto avviene in diretta, in tempo reale,
nel display della fotocamera. Non mi interessa di parlare dei pro e contro, o
rivendicare il romanticismo dell’attesa rispetto alla velocità e alla
funzionalità dell’immagine in diretta, quanto constatare il fatto, piuttosto
evidente, che il tempo trascorso davanti allo schermo stia diventando per quasi
tutti noi (fotografi compresi) maggiore di quello passato ad osservare direttamente il "reale" e stia trasformando tutti (non solo i fotografi) in “schermografi”.
Quali effetti ha avuto è avrà in futuro questa mutazione antropologica nella pratica e nella visione
fotografica? Rivedere le fotografie su schermo è la stessa cosa
di vederle stampate su carta? E inquadrare in un display o in un mirino
elettronico è la stessa cosa che vedere le immagini sul vetro smerigliato?
Saremo ancora capaci fra mille anni di leggere le fotografie stampate su carta?
E la realtà stessa (se ancora esiste) non si starà trasformando anch’essa in un
grande schermo che ci avvolge e ci impedisce di vedere? Un po’ per dispetto l’immagine
che introduce questo post è una scansione da una stampa analogica ai sali
d’argento, che pare, nonostante tutto, stia tornando pure di moda, ma vi giuro
che non è nostalgia!