giovedì 22 gennaio 2009

Nuova forza all'istantanea: il digitale e la pratica "in between"



Sergio Giusti nel suo ultimo bel libro dedicato all'evoluzione e trasformazione della pratica fotografica con l'avvento del digitale (La caverna chiara. Fotografia e campo immaginario ai tempi della ... ) sottolinea giustamente come con la diffusione degli apparecchi digitali si sia registrato un fenomeno di democratizzazione dell'atteggiamento "in between" della fotografia (ogni momento è degno di essere fotografato anche perché non costa niente ed è sempre cancellabile dalla memoria digitale!!) che diventa (principalmente per motivi economici) alla portata di tutti, con un ritorno prepotente della fotografia istantanea e della possibilità per tutti di coltivare e dare sfogo alla propria "pulsione fotografica" (ma quanto avrà speso Araki di Polaroid?) Parlo di questo fenomeno perchè l'ho vissuto direttamente, infatti, da qualche anno, con l''inevitabile passaggio al digitale, la digicompact è diventata un'accessorio per me inseparabile (come il telefono cellulare) e mi accompagna ogni volta che esco in città, soprattutto di notte. La piccola fotocamera è diventata così una sorta di diario visivo che accumula, con tanto di data e orari, tanti momenti della mia vita. Se non fossi un fotografo, non ci sarebbe niente di particolare, zipperei gli hd di immagini che rivedrei, ogni tanto o forse mai, inviandone qualcuna ai miei amici. Ma la pratica "in beetween", per i "fotoammalati", anche ai tempi del digitale, ha i suoi costi, che non sono quelli delle pellicole, degli sviluppi e delle stampe, ma quelli dei lunghi tempi per selezionare gli scatti che riteniamo interessanti per costruire un progetto valido. Vi racconto, un po' per vanità non lo nego (altrimenti a cosa serve un Personal Blog), come procede il sottoscritto in questo tipo di lavoro, per non ritrovarsi a visitare archivi di miglialia di immagini alla ricerca di qualcosa di buono. Allora, l'80%-90% delle foto vengono cestinate subito dopo lo scatto (o da lì a poco) direttamente dalla scheda di memoria (prima fase di selezione). Un'altro 40%-50%viene cestinata subito dopo il download su pc (seconda fase). Di quello che rimane (vi assicuro che si tratti di un vero stillicidio), un 10%-20% (quando va bene) prende la via di una cartella (una sola per ogni mese con cui organizzo questo tipo di archivio) nominata "Selected". Da li poi le strade possono essere molteplici e disparate, imprevedibili, fino a confluire in altre cartelle nominate con un possibile titolo per un progetto fotografico. In questo modo, e da questa lunga selezione, che richiede tempo (almeno un anno), sono "sopravvissute" le immagini che presento a commento di questo mio post, che fanno parte di un work in progress iniziato nel 2007 che ho chiamato Still(s)Around. Giocando con il titolo - still (ancora) e stills (fermo immagine) - ho voluto raccontare, attraverso le snapshos e la pratica "in between", le notti fiorentine di chi "ancora" ha la curiosità di andarsene in giro per feste, concerti e locali.... almeno finchè dura!!
Un'immagine con la prima serie pubblicata al seguente link:
http://www.deaphoto.it/bini/Still%28s%29around/index.html

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Caro Sandro,
come confermi te lo stillicidio dettato dalla mole incommensurabile di scatti in digitale credo che imponga il fotografico a dotarsi di regole ferree ed imprescindibili. Confermo tutto ciò che tu dici riguardo il primo scarto, ovvero quello on camera, ma poi si rende necessario (almeno per me è così) l'utilizzo di software per la gestione del workflow che riguarda non da ultimo il problema della sicurezza degli archivi. Ora ai tempi della pellicola (nonostante io sia nato con il digitale) si avevano i nostri bei negativi si custodiscono in luogo sicuro e si era sicuri che anche dopo 10 anni li ritrovavamo al loro posto. Ma i file che grabdo di sicurezza hanno? Gli hard disk si romponi, i cd/dvd si sciupano, le pennette usb non ne parliamo. Ragion per cui si debba per forza di cose operare in questo modo.
1) Download degli scatti attraverso sofwtare quali Lightroom e Aperture, o anche i tools forniti con le macchine fotografiche;
2) Organizzazione dei metadati attraverso detti software
3) Backup dei file RAW su HD esterno
4) Postproduzione Photoshop
5) Salvataggio dei JPG ed altrettanto backup su altro HD dedicato
6) Ulteriore backup degli scatti grezzi e ottimizzati
7) Anche se non necessario masterizzazione DVD e conservazione in posto sicuro (bauletto alluminio)

Buona luce :)

Anonimo ha detto...

ciao sandro,
mi soffermerò su un punto ben preciso del tuo post: le varie fasi di eliminazione dei files.

Per quanto mi riguarda nessuno scatto viene mai cestinato, né sulla fotocamera né sul computer. Ovviamente eliminerò quegli scatti che non hanno nessun tipo di informazione (eccessivamente sovra o sottoesposti).

Dopo lo scatto rimane quel legame tra fotografo e realtà fotografata. Il fotografo è ancora coinvolto (emozionalmente, sensorialmente, ecc.) e non può distaccarsi dalla realtà in cui si ritrova. Credo che fare una selezione in quel momento sia sbagliato, poichè si rischia di eliminare gli scatti buoni, così come potresti includere nelle tue selezioni foto che invece meriterebbero di essere cestinate. Faccio le mie selezioni attraverso Lightroom, che mi permette di classificare le foto e filtrarle in qualsiasi momento. Tenere tutto in archivio mi consente di tornare (dopo 1 mese, 1 anno, o mai) su quelle foto che inizialmente non ho selezionato. L'occhio matura nel tempo, ed anche i gusti.

Quando Gary Winogrand morì nel 1984, aveva 2500 rullini esposti ma mai sviluppati, e 6500 rullini sviluppati ma a cui mancavano i provini a contatto. Sono centinaia di migliaia di scatti che Gary Winogrand non ha mai visto. Quando era vivo sceglieva di fare trascorrere mesi interi prima di dare la prima occhiata agli scatti che faceva. Perchè a quel punto era del tutto distaccato dalla realtà in cui si trovava al momento dello scatto. Poteva giudicare la foto in maniera oggettiva e distaccata.

Mi occupo di fotogiornalismo e fotografia documentaria. La velocità con cui si deve scattare, selezionare e spedire la foto all'editore potrebbe a volte portarmi a fare le scelte sbagliate. Per questo conservo tutto. Se il progetto che ho fotografato con rapidità dovesse evolversi in un secondo momento, posso sempre tornare e guardare ciò che mi sono lasciato dietro.

Ma tutto questo comporta ovviamente dei costi per gli hard disk :)

Complimenti per il blog!

A presto

gianni

Sandro Bini ha detto...

Ciao Gianni
Grazie innanzitutto per il tuo bel commento. Ho descritto la mia procedura (almeno per questo tipo si scatti) che non vuole assolutamente essere una regola per tutti, ci mancherebbe altro!
Quindi rispetto tua opinione, e le giuste motivazioni che ne dai. Consco il modo in cui lavorava Winogrand...e se hai letto il post precedente è un metodo che uso anch'io... Ma per questo tipo di fotografie (la snapshots notturne) preferisco lavorare con il metodo che ti ho descritto. Magari sbaglio! E rischio come giustamente dici di buttare via anche scatti che col tempo si rivelerebbero interessanti. Ma è un rischio che mi piace di correre (e non solo per motivi pratici...). Ancora non so bene perchè. Ci rifletterò su e forse ti saprò dire... Ti ringrazio anzi per lo start interessante che il tuo commento mi ha dato!

Orith Youdovich ha detto...

Caro Sandro,
Ho letto con attenzione il tuo post e i commenti.
Anch’io sono passata dall’analogico al digitale (e senza grossi dolori). Continuo però a fotografare con “disciplina”. Se nel mirino mi si presenta un’inquadratura che non mi coinvolge mentalmente, fisicamente, emozionalmente, non scatto. Con ciò non voglio dire che non trovo immagini che non mi convincono, ma non le cancello né subito, né successivamente.
Un’operazione molto importante del fotografo, oltre quella del fotografare, è la scelta. E la scelta (e qui sono d’accordo con Gianni) può mutare con il tempo, a distanza di minuti e di anni.
Non è forse questa la bellezza della fotografia? L’accavallamento dei tempi e/o il loro azzeramento? Perché privarsi di questa magia?
Cancellare le immagini sarebbe per me come buttare via i negativi. Questo sì che mi dà dolore.

A presto,
Orith

Sandro Bini ha detto...

Cara Orith
Ripeto, come ho fatto con Gianni, che questa e la mia procudura(almeno per questo tipo di foto)e non vuole essere assolutamente un invito a fare altrettanto. Ci mancherebbe altro!
Devo ancora riflettere bene sulla psicologia di questo coraggio o incoscienza del buttare... Penso sia comunque collegato allo sviluppo del medium con il passaggio al digitale e alla fotografia "in between", non lo farei mai, pur scattando in digitale, ad esempio per un lavoro di analisi territoriale o altro.
Del resto continuo ancora a scattare anche in pellicola e ho il mio bell'archivio bene ordinato.
Comunque credo che c'entri anche il mio carattere. Odio avere fardelli che ritengo inutili. Non sono assolutamente un collezionista, o per capirsi uno che conserva i biglietti del cinema o gli inviti delle mostre, anzi sono uno che butta via facilmente e che difficilmente se ne pente. A questo punto però mi fermo perche ci vorrebbe un intervento della mia amica Caterina (che appare guarda caso nella prima foto del post!!) che è psicologa e sta per diventare analista e che io chiamo amorevolmente "c'e del marcio in Danimarca" per la sua straordinaria capacità di vedere il lato più oscuro in tutte le persone che incontra...Alla prossima!

LoiZ ha detto...

ci sono delle foto che io cancello immediatamente dalla mia scheda di memoria ma anche dalle schede degli altri, se me le lasciano in mano: sono le foto in cui non mi piaccio. in quel momento sono assolutamente sicura che in quello scatto non mi piacerò mai e poi mai. mi permetto di premere DELETE perchè ritengo di avere anche l'autorità per farlo: riguardano me.
quindi sono l'autorità e l'assolutezza della decisione che stanno alla base della cestinazione definitiva.
ed io che vivo tra centinaia di depliant raccolti e sorpresine degli ovini kinder, invidio chi ha la presunzione e la freddezza di dire ai propri oggetti, tangibili o virtuali: "Tu sì. Tu no." e farli fuori, per far capire a quelli che retsano che hanno una certa importanza.