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sandrobini > campo cecina / alpi apuane / agosto 2020 |
Piccolo prologo come antefatto
Nel weekend di Ferragosto ci siamo trovati in cinque amici fotografi in gita sulle Alpi Apuane. Tre non hanno portato la macchina fotografica, due l'hanno portata. Di questi ultimi due uno non l'ha mai utilizzata, l'altro solo per pochissimi scatti. Tutti, ovviamente, hanno fotografato con la fotocamera del cellulare e condiviso quotidianamente (spesso in tempo reale) alcune immagini su Instagram e Facebook.
Nota
Nel seguito dell'articolo con i termini fotografo/fotografi intendo i professionisti e i fotografi non professionisti con carriera o ambizioni autoriali, ovvero con alle spalle o in prospettiva la realizzazione di pubblicazioni, mostre, partecipazioni a concorsi ecc.
Una diabolica strategia
Di cosa si tratta? Ma si a conti fatti si tratta della messa a punto di una diabolica strategia neoelitaria, che molti di noi hanno iniziato più o meno consciamente, da diverso tempo, a praticare. Basta! Per differenziarci dal popolo dei fotoamatori la macchina fotografica in gita/vacanza non la portiamo più! Da seri professionisti e/o autori la usiamo solo per le committenze (insomma solo e quando ci pagano) o ovviamente per i progetti autoriali (ovvero quando vogliamo fare gli "artisti"). Ma quindi in vacanza non fotografiamo più? Eh no! Nel benemerito tempo libero fotografiamo solo con lo smartphone, per poi condividere come tutti le foto sui social. Beh ma allora direte questo uso di fatto uniforma i fotografi in vacanza alla moltitudine dei fotografanti del tempo libero. E no eh! Ecco allora che c'è stato bisogno di escogitare di una strategia d'uso che riscattasse e nobilitasse questa prassi democraticamente diffusa, ovvero di una logica un po' perversa che la differenziasse sia da quella del vacanziere fotografante, che da quella del fotoamatore evoluto, che ancora in vacanza e in gita la macchinetta fotografica se la porta eccome (ma solo per le foto "artistiche"), ma utilizza anche il telefono per le cosiddette "foto ricordo".
Per una diversa funzione social
Infatti, anche per noi fotografi l'uso fotografico dello smartphone è finalizzato alla condivisione social, ma il suo utilizzo (al di là della scelta dei soggetti e della qualità dello scatto) appare differentemente motivato, limitato e finalizzato rispetto a quello della maggioranza dei fotografanti: di media non più di 3-4 scatti al giorno e un paio di post giornalieri (fra feed è stories) finalizzati, anche e soprattutto, alla propria promozione professionale (più che a quella sociale pubblica e/o privata).
La censura del condivisibile
Il condivisibile autopromozionale del professionista/autore insomma funziona differentemente da quello social-amatoriale, ovvero agisce di fatto come il più spietato dei photoeditor, censurando a monte (prima dello scatto) o a valle (al momento di condividerle pubblicamente) gran parte delle "foto ricordo" (per capirsi quella della fidanzata di fronte al monumento o quella fatta alla pizza che ci mangiamo a cena), foto che magari ci piacerebbe anche fare, o addirittura scattiamo, ma che come fotografi non ci possiamo permettere di divulgare pubblicamente sui nostri profili social (sigh!). E allora? Tranquilli, restano a portata di obbiettivo tutti gli altri stereotipi della foto di vacanza: i paesaggi, le architetture, i ritratti posati, qualche dettaglio, "i giochi di luce", ma trattati ovviamente all'interno dell'originalità del nostro sguardo autoriale, con la nostra grande sensibilità luministica e maestria tecnica, compositiva e formale. Daje!
L'utilizzo dello smartphone come una medio-grande formato
Questo uso parsimonioso, esclusivamente pubblico e fortemente finalizzato e qualificato dello smartphone (potenzialmente sempre a disposizione e dalle infinite potenzialità di scatto) finisce per far assomigliare paradossalmente l'uso della fotocamera del telefono da parte dei fotografi in gita a quella di una fotocamera professionale di medio o grande formato, tradendo di fatto la sua vocazione pop. Di fatto, concettualmente, un mezzo smart viene utilizzato come un mezzo pro: con grande attenzione, economia e finalità. Nello switch illusorio dei fotografi i grandi display dei telefonini di oggi si trasformano così magicamente in un vetro smerigliato da banco ottico. Certo, non si può decentrare o basculare in fase di ripresa come col grande formato, però grazie all'ampio display possiamo prestare maggiore attenzione ai bordi e ai dettagli dell'inquadratura e raddrizzare le prospettive direttamente "in camera" con le apposite app. Anche i tempi di realizzazione e condivisione immediata dello scatto si dilatano fino a qualche minuto (post produzione, inserimento di testi, hastag, tag) e finiscono per avvicinarsi a quelli del lento processo di utilizzo di una fotocamera di medio o grande formato.
Le foto delle vacanze come lavoro promozionale
Ed è in questo nuovo lento rituale fotografico (spesso consumato in tempo reale e che assomiglia sempre più a un vero e proprio lavoro che toglie tempo e spazio al godimento esterno off screen) che si completa e si consuma l'illusione del passaggio da una smart ad una slow photography: la fotografia fatta col cellulare per i fotografi si trasforma in un dispositivo di attenzione e comunicazione lento e studiato, rivolto per lo più su soggetti statici (paesaggi, ritratti, architetture, dettagli) e utilizzato soprattutto a fini di promozione professionale e autoriale. Un uso di élite che ci fa ingenuamente sentire diversi e/o più importanti rispetto agli altri turisti che incontriamo e che si divertono a fotografare con i telefonini, in velocità e senza troppe grandi preoccupazioni formali e comunicative, le gioie del proprio tempo libero. Un utilizzo che nasconde in sé una bella fregatura, in quanto ci costringe a lavorare anche quando siamo in gita e in vacanza, sottraendo tempo e spazio al legittimo godimento, per continuare a coltivare l'illusione che siamo ancora noi i "soli" e i "veri" grandi professionisti dell'immagine!