sabato 5 dicembre 2020

Cucinare le immagini: ovvero l'editing e la metafora culinaria

Sandro Bini > Ugnano / Firenze / Changing Landscapes 2015

Nella mia quasi ventennale esperienza di docente lo scoglio didattico più impegnativo è stato senz'altro quello di cercare di trovare un linguaggio adatto a descrivere la fenomenologia dell'editing, ovvero della scelta e della messa in sequenza delle immagini di un lavoro fotografico. Prassi creativa di soluzioni sempre nuove e diverse, che lungi dall'essere una scienza esatta, si presta ad essere descritta più in termini metaforici, con riferimento ad altri linguaggi, che strettamente fotografici.

Fra i tanti i linguaggi che si prestano e che ho provato a utilizzare in questi anni per descrivere questa "maestria" fatta di cultura ed esperienza (da quello architettonico e cinematografico a quello musicale e letterario, dalla moda all'arredamento, fino a quello affettivo amoroso e familiare), quello che più di tutti sembra funzionare e che più spesso mi viene da utilizzare è quello culinario.

Secondo questo ultimo parametro di riferimento metaforico le immagini a disposizione per l'editing sono infatti come ingredienti con cui inventarsi un piatto che ogni volta è nuovo e diverso, perché nuove e diverse sono le immagini con cui abbiamo a che fare,  e in cui dosi, elementi, gusti e sapori trovino, attraverso una preparazione rigorosamente senza ricetta, la loro giusta alchimia. Comprendendo bene come con gli stessi ingredienti, utilizzando procedimenti differenziati, si possono cucinare piatti diversi  e ugualmente buoni e soprattutto che non è affatto necessario, per cucinare un buon piatto, che tutti gli ingredienti disponibili (anche se di ottima qualità) siano utilizzati.