venerdì 24 luglio 2015

Quanta cura richiede un attimo? La fotografia come organismo vivente


 Sandro Bini, Your Place, 2006

In un precedente articolo su questo Blog avevo definito quello del fotografo  "Il mestiere della scelta". In verità avevo come la sensazione che mancasse qualcosa... Sono passati diversi anni e credo di avere compreso che la sola scelta non basti per essere un buon fotografo, perchè la foto, le foto una volta fatte hanno bisogno di tempo e di cura per rimanere e per durare.  Da qui il titolo di questo post: "Quanta cura richiede un attimo?" Per attimo faccio riferimento a quello tecnico dello scatto, a quella frazione di tempo e di spazio che sospende e ritaglia la vita nel contorno di un'immagine, a quello che Geoff Dyer chiama "l'infinito istante", perchè permane fissato per sempre in una fotografia. Certo anche la cura è fatta di scelte, ma abbandonare i propri scatti migliori nel cassetto o in un hard disk, cosa che molto spesso capita a tutti noi,  ha qualcosa di triste e di crudele. Alcune fotografie ci chiedono infatti insistemente di vivere, ovvero di essere guardate da altri, di essere restituite al mondo che ce le ha donate. Ma allora quanta cura richiede un attimo? Forse, se l'istante è infinito anche la cura deve essere infinita. Saremo per primi noi fotografi a dovercene occupare, poi forse e gioco forza prima o poi dovremo chiedere aiuto e/o affidarle ad altri: familiari, parenti, amici, curatori, critici, gallerie, archivi, musei. Importante, per quelle scelte, sarà comunque non trascurale o peggio abbandonarle, perchè una buona fotografia è come un organismo vivente che ha bisogno di essere visto, nutrito, amato e custodito.