giovedì 9 dicembre 2010

This is not a fiction: ancora uno "strappo nel cielo di carta"


ph Sandro Bini - Box - Sett 2008

Una della maggiori tendenze della fotografia contemporanea è costituita senz’altro dalla Fiction Photography, un tipo di fotografia che mette in scena i propri corpi e i propri scenari per riflettere sul ruolo dell’immagine e sul suo rapporto con la realtà nella cultura e nella società postmoderne. La tendenza, che appartiene al dna del medium fotografico, risale, a partire dai suoi albori (basti pensare all’autoritratto in figura di annegato di Hyppolite Bayard) tutta la sua storia: dal pittorialismo, al modernismo, dal surrealismo alla fotografia di moda, fino alla fiction e staged photography contemporanee. Ma non è mia intenzione ripercorrere una storia di questa linea della cultura fotografica, quanto riflettere piuttosto sul concetto di realtà che si da come rappresentazione, già caro ad alcuni celebri fotografi di ispirazione surrealista (Kertesz, Cartier Bresson e altri) che molti fotografi hanno e sembrano consapevolmente abbracciare. L’otturatore come sipario aperto sullo spettacolo di una realtà contemporanea che, almeno in gran parte del mondo occidentale e non solo, è per molti versi già sceneggiata, già trasformata in “società dello spettacolo”, senza il bisogno di doverla rimettere in scena. Ecco allora che il lavoro del fotografo può somigliare a quello “strappo nel cielo di carta” che nel Teatro di Pirandello rivelava il gioco della finzione e la consapevolezza di farne parte integrante, in maniera lucida e consapevolmente critica. Si tratta dunque di una nuova forma di “fotorealismo”? Rimandando ad un mio post precedente (Il "rumore del reale": il fotorealismo nell'epoca del digitale), questa volta l’analisi verte sui contenuti. Ai commentatori il compito di approfondire e aprire la discussione.