mercoledì 18 marzo 2009

Notturni urbani: il brivido lungo e misterioso della notte in città


Risale al 2004, a cinque anni fa quindi, la mia prima esperienza di docenza con Deaphoto al Corso di Fotografia Notturna del Territorio Urbano. L’esperienza didattica, che nasceva da un naturale sviluppo del mio studio e del mio progetto fotografico sulla città, trovava illustri modelli nella storia della fotografia, da Stieglitz a Brassai, e nella più recente scuola italiana di Paesaggio degli anni 80-90 (Luigi Ghirri, Olivo Barbieri ecc). Un passaggio quindi logico dall’analisi architettonica e sociale delle configurazioni urbane, riprese in piena luce naturale, alle evocative gerarchie luminose della fotografia notturna, che trasfigurano il tempo e lo spazio nella dimensione poetica ed onirica di una visione incantata. L’esperienza della notte in città ha regalato quindi, a me a miei studenti e collaboratori, stimoli diversi ed emozioni cognitive inaspettate. La lenta e rituale messa a punto della macchina fotografica sul cavalletto, i lunghissimi tempi di esposizione, lo studio delle fonti di luce artificiale, gli spazi bui e luminosi, deserti e silenziosi della notte urbana, ci hanno avvicinato ad una esperienza di contemplazione straniata e straniante, in una dimensione spazio-temporale e luminosa diversa e privilegiata, vicina a quella del sogno o della fiaba, in cui gli stessi scenari del quotidiano mutano di senso per aprirsi al mistero abitato della notte e a rimandi culturali sia visivi (fotografia, cinema, video) che letterari. I “Notturni urbani” sono dunque il frutto di questa esperienza-vissuta di contemplazione e transito, di visione e lettura, ma anche il nome che vorrei affettuosamente dare tutti coloro che, fotografi o meno, non hanno saputo, non sanno o non sapranno resistere al richiamo notturno, al brivido lungo e misterioso della notte in città.

Le due mie fotografie a commento di questo Post fanno parte del Progetto Deaphoto Staff Notturni Urbani , un work in progress iniziato nel 2004 nell'ambito didattico del Corso di Fotografia Notturna del Territorio Urbano; un progetto che mira ad una analisi territoriale complessiva, su zone differenziate, dell'Area Metropolitana Fiorentina, con locations che sono di volta in volta individuate, in base a criteri poetico-topografici: una geografia urbana che privilegia, con la visione notturna, le architetture di luce e le gerarchie sociali degli spazi (dai transiti dei nodi nevralgici agli aspetti più malinconici e desolanti della città diffusa).

lunedì 2 marzo 2009

Nostalgia dell’analogico e nuove forme di ibridazione tecnica e concettuale


Dopo la prima ondata di entusiasmo o di dissenso per la rapida diffusione del digitale nel mercato fotografico, adesso, che la situazione si è un po’ stabilizzata, con un ampio e diffuso consenso al pixel, registriamo, a livello nemmeno troppo elitario, una certa nostalgia per l’analogico. E non parlo, almeno nei migliori dei casi, di nostalgici reazionari fedeli ad oltranza all’alogenuro d’argento. Ma di fotografi come me, che allevati al duro e costoso tirocinio della pellicola, non hanno traumatizzato troppo il passaggio al digitale (di cui hanno invece imparato a conoscerne indubitabili pregi e vantaggi), ma si trovano a muoversi, anche per motivi anagrafici e di archivio, fra le due tecnologie, a seconda dei vari progetti che portano avanti. La situazione mi pare molto interessante e abbastanza simile a quello che è successo e sta succedendo nel panorama musicale. In cui la digitalizzazione del suono (avvenuta con ampio anticipo rispetto a quella dell’immagine) non ha annullato, almeno nelle ricerche più avanzate, l’utilizzo e la produzione di strumenti e procedure di registrazione analogici, che anzi finiscono per convivere ed ibridarsi in maniera esteticamente interessante nelle produzioni più avanzate (si potrebbero fare decine di esempi). In questo senso credo che ciò che è successo e succede in ambito musicale sia di esempio e conforto per chi teme che la fotografia digitale soppianti rapidamente e del tutto (anche nella produzione e nel mercato) quella analogica, e indichi ai fotografi nuove frontiere nella sperimentazione tecnica e formale, con le ovvie inevitabili conseguenze sull’impianto linguistico e concettuale delle opere. Si potrebbero citare esempi illustri di ibridazione analogico-digitale fra i fotografi contemporanei. Ma visto che scrivo sul mio Blog personale preferisco come sempre presentare la mia esperienza. Nel 2008 con Deaphoto abbiamo partecipato e vinto un Bando di Concorso promosso dal Comune di Firenze dal titolo “Emergenze creative” con un progetto fotografico collettivo dal titolo Private Florence / Geografie Personali. Si trattava di tracciare una geografia della città partendo dalle esperienze vissute dai vari fotografi partecipanti al Progetto. Per mio conto ho voluto raccontare due luoghi della mia infanzia. E per farlo ho deciso di utilizzare una toy camera a foro stenopeico, acquisendo le immagini con pellicola a colori di medio formato. Ho poi scansionato i negativi, ottimizzato in Photoshop e stampato da file su carta fotografica tradizionale. Due delle dodici immagini della serie “Childhood Places” (2008) compaiono a commento visivo di questo post.