giovedì 29 gennaio 2009

On the road again / Il ritorno della Street Photography


Dopo circa un ventennio di letargo ('80-'90) mi pare di registrare col primo decennio del secolo un positivo ritorno di interesse da parte di fotografi e critica intorno alla Street Photography, che dopo i gloriosi anni '50-'70 (Frank, Klein, Friedlander, Winogrand ecc) era un po caduta in oblio in favore del paesaggio (anni '80) e del corpo (anni '90). In realtà questo genere, così legato alla vita quotidiana e al sociale, ha origini ben piu lontane, che vanno dai classici degli anni 20-40 (Kertesz, Brassai, Cartier Bresson ecc) fino a risalire addirittura alle istantanee newyorkesi di Stiglitz di fine 800 (in cui forse per la prima volta il gusto pittorialista lasciava spazio a nuovi temi e nuove visioni urbane) e ai lavori di di taglio piu decisamente sociale di Rijs, Hine, Atget a fine e inzio secolo. Ma piu che ripercorre la storia di un glorioso genere, mi preme raccontare la mia esperienza di fotografo e di docente, che ha vissuto in prima persona questo ritorno di fiamma. Già a metà anni Novanta avevo provato la street con un lavoro su Firenze (Tracce del quotidiano, segni del contemporaneo) ma poi i miei interessi erano andati verso una fotografia piu lenta e contemplativa, incentrata sull’analisi del territorio: con i lavori sulla periferia fiorentina (I Confini della città ) e su ricerche piu personali sempre legate al paesaggio (Confidenze dai luoghi). Parallelamente a questi ultimi lavori e altri, a partire dal 2002, in seguito ad una serie di viaggi nelle capitali europee ho ripreso il gusto della street, agevolato anche dal fatto di utlizzare, non più una reflex o una medio formato, ma una compattina 35 mm con obbiettivo fisso, che mi ridava il gusto, la libertà e la leggerezza dell’istantanea. Ne è nato un progetto ancora inedito (sono presenti solo alcune immagini sul sito Deaphoto) dal titolo Dream Cities, un work in progress che ancora devo concludere prima di trovare un editore disposto magari a pubblicarlo (a proposito se ci fosse qualcuno interessato si faccia pure avanti!). Dopo qualche anno di questo nuovo lavoro ho deciso quindi di trasferire questa mia esperienza nella attività di docente con Deaphoto varando, nel 2006 il nostro primo Corso di Street Photography. La nuova proposta didattica si è i rivelata subito vincente e ancora oggi questo Corso è uno dei più frequentati dai nostri studenti, confermando questa positiva ripresa di interesse per la fotografia on the road, ripresa alla quale, forse, nel nostro piccolo, abbiamo un po’ contribuito e sollecitato. Le due immagini a commento di questo post sono tratte da Dream Cities /Madrid 2007.

giovedì 22 gennaio 2009

Nuova forza all'istantanea: il digitale e la pratica "in between"



Sergio Giusti nel suo ultimo bel libro dedicato all'evoluzione e trasformazione della pratica fotografica con l'avvento del digitale (La caverna chiara. Fotografia e campo immaginario ai tempi della ... ) sottolinea giustamente come con la diffusione degli apparecchi digitali si sia registrato un fenomeno di democratizzazione dell'atteggiamento "in between" della fotografia (ogni momento è degno di essere fotografato anche perché non costa niente ed è sempre cancellabile dalla memoria digitale!!) che diventa (principalmente per motivi economici) alla portata di tutti, con un ritorno prepotente della fotografia istantanea e della possibilità per tutti di coltivare e dare sfogo alla propria "pulsione fotografica" (ma quanto avrà speso Araki di Polaroid?) Parlo di questo fenomeno perchè l'ho vissuto direttamente, infatti, da qualche anno, con l''inevitabile passaggio al digitale, la digicompact è diventata un'accessorio per me inseparabile (come il telefono cellulare) e mi accompagna ogni volta che esco in città, soprattutto di notte. La piccola fotocamera è diventata così una sorta di diario visivo che accumula, con tanto di data e orari, tanti momenti della mia vita. Se non fossi un fotografo, non ci sarebbe niente di particolare, zipperei gli hd di immagini che rivedrei, ogni tanto o forse mai, inviandone qualcuna ai miei amici. Ma la pratica "in beetween", per i "fotoammalati", anche ai tempi del digitale, ha i suoi costi, che non sono quelli delle pellicole, degli sviluppi e delle stampe, ma quelli dei lunghi tempi per selezionare gli scatti che riteniamo interessanti per costruire un progetto valido. Vi racconto, un po' per vanità non lo nego (altrimenti a cosa serve un Personal Blog), come procede il sottoscritto in questo tipo di lavoro, per non ritrovarsi a visitare archivi di miglialia di immagini alla ricerca di qualcosa di buono. Allora, l'80%-90% delle foto vengono cestinate subito dopo lo scatto (o da lì a poco) direttamente dalla scheda di memoria (prima fase di selezione). Un'altro 40%-50%viene cestinata subito dopo il download su pc (seconda fase). Di quello che rimane (vi assicuro che si tratti di un vero stillicidio), un 10%-20% (quando va bene) prende la via di una cartella (una sola per ogni mese con cui organizzo questo tipo di archivio) nominata "Selected". Da li poi le strade possono essere molteplici e disparate, imprevedibili, fino a confluire in altre cartelle nominate con un possibile titolo per un progetto fotografico. In questo modo, e da questa lunga selezione, che richiede tempo (almeno un anno), sono "sopravvissute" le immagini che presento a commento di questo mio post, che fanno parte di un work in progress iniziato nel 2007 che ho chiamato Still(s)Around. Giocando con il titolo - still (ancora) e stills (fermo immagine) - ho voluto raccontare, attraverso le snapshos e la pratica "in between", le notti fiorentine di chi "ancora" ha la curiosità di andarsene in giro per feste, concerti e locali.... almeno finchè dura!!
Un'immagine con la prima serie pubblicata al seguente link:
http://www.deaphoto.it/bini/Still%28s%29around/index.html

venerdì 16 gennaio 2009

Ma siamo sicuri che le ultime foto che facciamo siano davvero le più belle?



Il grande Luigi Ghirri sosteneva che i fotografi italiani non sapessero lavorare sull'Archivio. Sinceramente non so se le cose da allora sono cambiate, ma confrontandomi con i miei studenti e con gli altri colleghi fotografi, noto ancora quella pericolosa tendenza di molti a proiettarsi tutti sul nuovo dimenticandosi del lavoro passato, nel pregiudizio troppo spesso infondato che le nuove immagini siano la sviluppo estremo della loro visione e il vertice massimo della loro ricerca. Con questo non voglio sostenere in modo assoluto che a volte ciò non possa essere, ma invito (al di là di ovvie esigenze professionali), soprattutto per le ricerche più personali, di aver la pazienza, di aspettare, di moderare quella incontrollata voglia di fare vedere a tutti i nostri ultimi scatti. Penso infatti (ma è un'opinione assolutamente personale) che il lavoro di un fotografo per essere correttamente valutato, soprattutto da parte di chi lo ha realizzato, debba sedimentare, ed è per questo motivo credo che penso che il continuo viaggio nel proprio archivio sia un fatto fondamentale per la crescita di un fotografo. Le sedimentazioni possono avere durate variabili e del tutto personali (anche se chi scrive a volte esagera). Ma rivedere i vecchi provini a contatto o piu' o meno recenti cartelle di file è un'esperienza, a volte piacevole, altre frustrante, ma ogni volta nuova, perchè si innesta sulle nuove esperienze che stiamo vivendo in quel momento e regala, a volte, il piacere di ritrovare perle nascoste e quasi dimenticate, misteriosamente legate all'avventura del presente.

Le due immagini pubblicate in questo Post fanno parte della mia Serie Fotografica "Un week end di montagna - Monti Pisani 1998" che fa parte del Work in Progress "Confidenze dai Luoghi" iniziato nel 2002. Se non ricordo male questa serie specifica è stata esposta per la prima volta in una collettiva Deaphoto nel 2004. Stagionatura lunga, quindi, 6 anni! La serie ha avuto a distanza di tempo una valenza "quasi profetica", ma preferisco lasciarvi col mio segreto.

Altre immagini dal Work in Progress al seguente link: