Sandro Bini, img 7226, Marzo 2013 |
Le recenti polemiche nate e sviluppatesi
intorno ai Premi di fotogiornalismo, in cui non mi voglio impantanare, mi fanno
riflettere stavolta sugli sviluppi di una professione forse in crisi, sicuramente in rapidissima
trasformazione, nonché venir la voglia di interrogare tutti i mei lettori, e in
particolar modo quelli più attenti e navigati sulle questioni legate al
fotogiornalismo ai quali chiederei il
favore di rispondere in modo altrettanto semplice e chiaro ad alcune "ingenue"
domande:
1) Per vincere i premi di fotogiornalismo occorre essere fotogiornalisti più o meno accreditati e aver pubblicato i propri lavori in un organo di informazione? Si? No? E se no come mai? E perché? Ovvero (è di fatto la stessa domanda): come fotografi si è lavorato per vendere un servizio e dare una notizia o un approfondimento su un tema o solo per partecipare a un concorso nella speranza di vincere un premio?
2) Se il reportage è "un racconto per immagini", ha senso nei Concorsi di fotogiornalismo premiare un singolo scatto?
3) Un servizio su un evento minore e/o non di attualità può legittimamente aspirare a un premio? Oppure no? E se no come mai? E perché?
4) Infine si partecipa a un premio per consacrarsi o si gareggia per entrare nel "giro"? Ovvero il premio consolida una professione già avviata o di fatto rappresenta l’unico modo per un giovane fotografo di entrare nel mercato?
Finite le domande, passiamo oltre, alla
riflessione generale che vorrei fosse altrettanto chiara. Mi sembra
che oggi la professione di fotoreporter sia in un ripido declivio: quello del
passaggio dall’informazione (leggi editoria) a quello dell’intrattenimento
(leggi premi e festival connessi). Niente di male, ma il fotoreporter da testimone-informatore rischia di diventare (qualcuno glielo devo pur dire) intrattenitore turistico-culturale o addirittura un Artista con tutti i diritti, in quest’ultimo caso,
di photoshoppare come e quanto gli pare. Sarebbe utile però che si incomiciasse a dirlo e in questa rinnovata veste, almeno alcuni, incominciassero a presentarsi a pubblico e critica.
Belle domande, ingenue solo per finta. In sintesi penso che la situazione oggi (2014) si sia ulteriormente evoluta verso quello che, concordo, possiamo definire per comodità "infotainement", una forma edulcorata di informazione che non infastidisca più di tanto l'unico vero acquirente dei residui periodici cartacei: l'inserzionista pubblicitario. I lettori sono solo più pedine di marketing consegnate all'esposizione mediatica di occasioni di consumo. Il WPP non è la causa, come non lo sono gli altri premi, è la registrazione puntuale del fenomeno. Se non serve più l'informazione fotografica, non servono più i fotogiornalisti, ma gli intrattenitori con la fotocamera, che sono altra gente e fanno un altro mestiere. Ancora per un po' pagato. Grazie delle domande Sandro!
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