Sandro Bini, Cortile Galleria degli Uffizi, Marzo 2010 |
In un recente post nel suo Blog La valigia di Vang Gogh l’amico Enrico Prada suggeriva una suddivisione fra
"fotografi narratori" e "fotografi poeti", i primi propensi al racconto per
immagini i secondi raccoglitori rabdomantici di epifanie visive in grado di
sostenersi autonomamente sia come forma che come orizzonte di senso. La
suddivisone, molto suggestiva, con i suoi rimandi letterari, avrà fatto forse
storcere un po’ il naso all’amico Fulvio Bortolozzo (La Camera doppia) difensore
di un “primitivismo fotografico” attento soprattutto alla specificità visiva
dell’immagine e alle questioni dello sguardo fotografico, ma non può che incontrare le mie
simpatie, fosse altro per motivi di formazione culturale. E’ anche vero però che i "poeti" spesso pubblicano i loto testi come raccolte, per cui
anche loro possono trovarsi a che fare con questioni narrative e strutturali
legate alla costruzione di un portfolio, sia esso per parole o immagini, ed
anche vero che
alcuni fotografi (fatta salva la suddivisione pradiana con la propensione
quantitativa e qualitativa su un versante o sull’altro della produzione) sono in grado di cambiare registro a seconda dei casi ed
essere a volte poeti, altre narratori, oppure, ancora più spesso, dei
poeti-narratori (lirici) o dei narratori-poeti (epici). Le ripartizioni come si
sa hanno dei limiti, ed esistono tutta una serie di sfumature e atteggiamenti
intermedi, ma è innegabile che le stesse servano a circoscrivere un campo di
indagine, ovvero, in questo caso, la complessità degli atteggiamenti
percettivi, psicologici, metodologici e operativi di un fotografo. Per questo
motivo mi piace complicare la faccenda e aggiungere ancora un’altra ripartizione: quella fra “fotografi
d’archivio” e “fotografi a progetto”. I primi sono dei raccoglitori più o meno
metodici o istintivi di immagini che costruiscono le loro serie in tempi molto
lunghi lavorando di cesello sul proprio archivio e costruendo a posteriori (sui materiali raccolti) i temi della loro ricerca. I secondi sono abili
costruttori di serie o racconti per immagini partendo da una idea iniziale predefinita
(progetto) o committenza (assignment) che sviluppano (magari anche
modificandola) nel corso di tempi variabili a seconda dei casi. Ma anche in questo caso gli atteggiamenti
sono alternabili, modificabili, aperti e mai definitivi. Anche le immagini di
un lavoro “a progetto”, una volta archiviato, possono essere “riciclate” in un
lavoro d’archivio, così come un lavoro d’archivio può divenire lo spunto di
idee per nuovi progetti. Insomma le fotografie e le serie fotografiche sono
campi di significato aperto: su questo il lavoro di un fotografo come
Lugi Ghirri ha ancora molto da insegnarci!